Anatomia della cuffia dei rotatori
La cuffia dei rotatori è il complesso muscolo-tendineo di 4 muscoli (e relativi tendini) della spalla:
sovraspinato(osovraspinoso), piccolo rotondo, sotto-scapolare e sotto- o infra-spinato. La
funzione della cuffia dei rotatori è sia quella di proteggere l'articolazione della spalla avvolgendola
attraverso muscoli e tendini, appunto, come una vera e propria cuffia, sia quella di stabilizzare
l'omero (l'osso del braccio) all'interno della glena (la superficie piatta della scapola che insieme
all'omero crea l'articolazione della spalla).
La cuffia dei rotatori, sia come muscoli che come tendini, lavora sempre in ogni movimento del
braccio nello spazio e, in caso di traumi, movimenti ripetitivi, patologie o lesioni, può dar origine a
sintomi tra cui dolore di spalla (principalmente nella zona laterale o anteriore del deltoide che può
irradiare al braccio) che può essere presente anche di notte, rigidità e difficoltà nei movimenti del
braccio (in particolare nelle rotazioni e nei movimenti al di sopra della spalla). Questa condizione
prende il nome di dolore di spalla correlato alla cuffia dei rotatori (rotator cuff-related shoulder
pain, in inglese).
Le lesioni della cuffia dei rotatori possono essere causate da microtraumi ripetitivi, traumi ad
elevata intensità, alterazioni degenerative, lesioni atraumatiche oppure possono verificarsi
secondariamente ad altre disfunzioni. La causa della lesione, proprio come l’entità, la
localizzazione, l’età e le richieste funzionali del paziente, sono fattori decisionali per effettuare una
ricostruzione chirurgica della cuffia dei rotatori o procedere conservativamente.
Entrambi i trattamenti portano un significativo miglioramento nella percezione della qualità di vita
in caso di lesioni della cuffia di bassa entità. In genere il trattamento conservativo viene proposto
almeno 6 mesi prima di considerare la chirurgia; tuttavia, per i pazienti di età inferiore ai 60 con
lesione massiva si potrebbe valutare fin da subito l’intervento chirurgico per un possibile alto
rischio di fallimento del trattamento conservativo e di un aumento dell’atrofia muscolare e di
infiltrazione adiposa.
Se, nonostante il trattamento conservativo, la patologia va ad impattare in maniera considerevole
sulla qualità di vita del paziente, sarà necessario ricorrere ad un intervento di ricostruzione della
cuffia dei rotatori.
Tipologia di paziente
I pazienti affetti da lesione della cuffia dei rotatori presentano un dolore sordo attività-dipendente
nella zona anteriore e supero-laterale del braccio e della spalla. Il dolore aumenta con il movimento,
ma persiste anche a riposo e può portare al risveglio notturno. Le attività over head sono quelle più
inficiate: solitamente il dolore è presente fra i 60° e i 120° di abduzione ma non prima e oltre tale
arco di movimento. Con il progredire della patologia il dolore diventa più costante e si potrebbero
notare crepitii associati al movimento fino ad una conseguente comparsa di dolore cervicale e
dorsale.
Patofisiologia
Nonostante i meccanismi alla base delle lesioni della cuffia dei rotatori siano tutt’oggi molto
discussi, diversi autori supportano la presenza di fattori sia intrinseci che estrinseci.
Fra i fattori estrinseci possiamo trovare traumi acuti (Es. cadere su una mano tesa, ricevere delle
forze esterne inaspettate durante l’esecuzione di una spinta, in concomitanza ad una lussazione di
spalla) o gesti ripetitivi come sollevare, spingere, tirare o lanciare.
I fattori intrinseci comprendono, oltre ai fattori genetici, l’alterata vascolarizzazione, la
degenerazione dovuta all’invecchiamento e l’invasione calcifica dei tendini.
La teoria alla base del meccanismo lesivo più conosciuta è lo sfregamento ripetitivo del tendine
della cuffia dei rotatori contro diverse strutture dell’articolazione gleno-omerale. Nel corso degli
anni molti studi hanno messo in discussione il concetto di ”impingment sub-acromiale” offrendo
ipotesi alternative.
Diagnosi differenziale
Durante il colloquio con un paziente con sospetta lesione della cuffia dei rotatori dovremmo
inizialmente escludere le principali red flags. In modo particolare se ci vengono riferite alterazioni
del colore del braccio (possibile ischemia secondaria a insufficienza vascolare) oppure eventi
traumatici che possono aver causato una lussazione dell’articolazione gleno-omerale oppure una
frattura dell’omero.
Successivamente è necessario escludere patologie come: tendinopatia della cuffia, borsite
subacromiale, instabilità di spalla o altre patologie inerenti al tratto cervicale o all’articolazione
acromio-clavicolare. La clinica e la diagnostica strumentale possono aiutarci nell’eseguire diagnosi
differenziale.
Solitamente la diagnosi di una lesione della cuffia dei rotatori si può ottenere clinicamente, anche se
l’utilizzo di test clinici (Empty can test, External rotation test, Lift off test, Belly press test, Neer
test, Hawkins test) può aumentare l’accuratezza dell’esame clinico. Inoltre, possono essere richiesti
esami strumentali con obiettivi differenti:
• Esame ecografico per valutare la presenza o l’assenza di soluzione di continuità dei tendini.
E’ necessario ricordare l’elevata dipendenza intra-operatore.
• Risonanza magnetica nucleare (RMN) che può confermare il dato ecografico e che
permette di valutare l’entità e la sede della lesione, lo stato di salute del ventre muscolare,
l’infiltrazione adiposa presente oppure per escludere la concomitanza di altre patologie. In
atleti e pazienti giovani può essere richiesta l’Artro-RMN per valutare la qualità del cercine
glenoideo e dell’apparato capsulo legamentoso [10] (possibili lesioni SLAP),in quanto risulta
avere una più elevata sensibilità e specificità rispetto alla RMN nell’individuare lesioni della
cuffia e/o lesioni associate.
• Esame radiografico su richiesta chirurgica per una valutazione dell’artrosi coesistente
dell’articolazione acromio-clavicolare o gleno-omerale e per valutare la tipologia di accesso
o la tipologia di intervento.
Elementi anamnestici
Quando ci si trova di fronte ad un paziente operato di ricostruzione della cuffia dei rotatori è
necessario effettuare una raccolta anamnestica relativa a: età, tempo decorso dal trauma o
dall’esordio dei sintomi, presenza di traumi precedenti, caratteristiche dei sintomi presenti, qualità
del riposo notturno e grado di complessità dell’intervento. E’ opportuno ricordare che, in
associazione alla ricostruzione, possono essere eseguiti anche ablazione della borsa subacromiale,
acromioplastica, riparazione del tendine del bicipite e/o del labbro glenoideo.
Inoltre, oltre alla complessità dell’intervento, un ruolo molto importante è svolto dall’accesso e
dalle tecniche chirurgiche utilizzate. La ricostruzione della cuffia dei rotatori, infatti,può avvenire
tramite tre approcci:
• Artroscopico: Approccio di minima invasività con migliori risultati estetici; riduce la
probabilità di complicanze post-operatorie e consente un processo riabilitativo più rapido
con minore dolore post-chirurgico.
• Mini-Open: Attraverso una minima incisione (4-6 cm) si pone a metà strada fra l’approccio
artroscopico e quello a cielo aperto. E’ bene ricordare come oggi non venga più eseguita
l’incisione del deltoide ma che la via transdeltoidea per accedere ai tendini della cuffia dei
rotatori viene permessa da uno split del deltoide riducendo le complicanze nel percorso
riabilitativo post-operatorio.
• A cielo aperto: approccio chirurgico tradizionale, raramente utilizzato. Potrebbe essere
trasformato un accesso da mini-open a cielo aperto nel caso fosse necessario ampliare
l’esposizione a causa della tipologia di lesione o di altri fattori.
Esame obiettivo e valutazione
L’esame obiettivo e la valutazione di un paziente in esiti di ricostruzione della cuffia dei rotatori
prevede:
• L’osservazione della cicatrice e di tutto l’arto, ponendo attenzione alla quantità e alla
distribuzione dell’edema.
• La palpazione dei tessuti molli principalmente in posizione distale data la sensibilizzazione
della porzione prossimale del braccio a seguito dell’intervento.
• La valutazione della sensibilità tattile, dolorifica e termica.
• La valutazione della mobilità passiva all’interno del campo visivo del paziente, con
particolare cautela durante la rotazione interna.
• La valutazione della forza (dalla 4 settimana) della muscolatura della spalla utilizzando
contrazioni isometriche in posizioni intermedie del ROM, evitando contrazioni intense ai
massimi gradi dell’arco di movimento.
• L’utilizzo di test neurodinamici per valutare lo stato di salute del sistema nervoso
periferico, adattando le sequenze dei movimenti in base alla sintomatologia presente.
• La valutazione della disabilità attraverso questioni validati come il DASH e l’ASES. Si
possono indagare altri aspetti come: pettinarsi, infilare la manica all’interno della maglia,
riempire un bicchiere con una bottiglia o mantenere aperto un libro.
• La valutazione delle restrizioni alla partecipazione indagando hobby o aspetti lavorativi
(bandiere blu e nere).
• Le aspettative del paziente inerenti al recupero svolgono un ruolo fondamentale per poter
impostare successivamente un percorso riabilitativo. E’ quindi necessario indagarle e tenerle
in considerazione.
• La presenza di complicanze post-operatorie. Le più comuni risultano essere rigidità
articolare, presenza di una frozen shoulder iatrogena o paralisi del nervo toracico lungo
(deficit muscolo dentato anteriore).
Trattamento
Successivamente ad un intervento chirurgico di ricostruzione della cuffia dei rotatori sarà necessario intraprendere un percorso di riabilitazione, che può essere suddiviso didatticamente in 3
fasi sulla base delle tempistiche e delle condizioni cliniche presenti, e può essere preceduto da una fase pre-operatoria con lo scopo di favorire il recupero post-chirurgico.
Fase 1
Le tempistiche riguardo l’inizio della riabilitazione a seguito di un intervento di ricostruzione della cuffia dei rotatori, sono state spesso motivo di discussione. Si parla di un percorso di riabilitazione
precoce se iniziato prima delle 6 settimane post-operatorie o di un’immobilizzazione prolungata se iniziato dopo le 6 settimane. Attualmente ciò che si conosce è che:
• Una mobilizzazione passiva precoce non sottopone a un rischio maggiore di re-rottura tendinea, mentre una mobilizzazione attiva precoce è associata ad un rischio maggiore di
intaccare il processo di guarigione dei tendini sottoposti a chirurgia.
Confrontando i due percorsi ad un follow up di 3 e 6 mesi dall’intervento si riscontrano benefici nel
ROM e nella qualità della vita nel gruppo sottoposto a riabilitazione precoce. Tali differenze
risultano però trascurabili nei follow up successivi.
Viene quindi solitamente preferito un percorso riabilitativo precoce, ma si potrebbe scegliere
un’immobilizzazione prolungata in casi in cui la lesione tendinea sia associata ad una scarsa qualità
dei tessuti circostanti.
Il trattamento in fase acuta è volto alla riduzione della reattività e di conseguenza del dolore e
dell’edema, favorendo i processi di cicatrizzazione e limitando lo sviluppo di complicanze
secondarie.
FASE I (0-3 settimane)
Menomazioni, disabilità
e limitazioni alla
partecipazione
Trattamento
Crioterapia e Mobilizzazioni passive: inizialmente all’interno del
campo visivo del paziente.Terapia manuale: trazione assiale dell’arto
in toto e traslazioni della testa omerale in direzione postero
caudale.
Dolore
Iniezioni di corticosteroidi: è attualmente supportato l’uso di
UNA singola iniezione di corticosteroidi per gestire meglio il dolore
post-operatorio e agevolare la riabilitazione. Iniezioni multiple
potrebbero alterare l’integrità del tendine e rallentare il processo di
guarigione.
Discontinuità dei tessuti
Tutore: fornisce protezione alla sutura chirurgica. Spalla posizionata in
posizione neutra, senza rotazioni, con il gomito flesso e con un sostegno
in estensione per il tratto toracico.
Edema
Crioterapia
Riduzione del ROM
articolare della spalla
Mobilizzazione: passiva e successivamente attivo-assistita entro i limiti
del dolore. Inizialmente sul piano scapolare con l’arto superiore in
posizione neutra. Si può partire da supini e progredire da seduti nel
momento in cui si vogliono ridurre le facilitazioni.
Riduzione del ROM
articolare del gomito,
polso e mano
Mobilizzazione attiva e auto–mobilizzazione.
Elevata irritabilità e
sintomi di compressione
nervosa
Neurodinamica: manovre di sliding e tensioning inizialmente sull’arto
controlaterale e trattamento dell’interfaccia a livello cervicale.
Limitazione nelle ADL e
alla partecipazione.
Educazione del paziente: individuare strategie alternative per svolgere
attività della vita quotidiana riducendo al minimo la presenza di dolore
(vestirsi, spogliarsi, sdraiarsi a letto etc.)
Kinesiofobia
Educazione del paziente: dare spiegazioni dettagliate riguardo gli esiti
dell’intervento e fornire indicazioni specifiche riguardo i movimenti che
possono essere eseguiti senza rischi.
Decondizionamento
cardiovascolare
Utilizzare schemi funzionali di movimento (Es. salire Ripetutamente
su uno step mentre si Utilizza l’arto sano per raccogliere un oggetto) o
introdurre l’attività aerobica quando possibile (cyclette,tapis roulant,
step etc.) favorisce il condizionamento cardiovascolare.
Fase 2 (4-8 settimane circa)
All’inizio della 4 settimana è possibile, se le indicazioni chirurgiche e la condizione clinica del
paziente lo permettono iniziare lo svezzamento dal tutore riducendone l’utilizzo progressivamente a
partire dalle ore diurne e successivamente anche durante la notte. La nostra attenzione sarà sempre
più incentrata sul recupero funzionale.
Menomazioni,
Disabilità e
limitazioni alla
partecipazione
Trattamento
Tessuti in cicatrizzazione
Mobilizzazioni attive e attivo-assistite
Dolore
Mobilizzazioni attive se presente dolore importante è necessario rivalutarne
l’adeguatezza e l’esecuzione. Affinchè ci possa essere progressione è
necessario che il dolore diminuisca.Crioterapia/Terapia Manuale/
Esercizio Terapeutico: Utilizzare le contrazioni isometriche con
conseguente sollecitazione dei meccanocettori a livello tendineo.
Deficit di mobilità
articolare
Mobilizzazioni attive e in misura maggiore addestramento all’auto
trattamento.Terapia Manuale
Deficit di forza e di
resistenza
muscolare
Esercizio terapeutico Maggiore attenzione ai muscoli depressori della testa
omerale. Si possono proporre contrazioni isometriche da posizione neutra,
esercizi in catena cinetica chiusa con carico assiale (a braccio teso spingi un
cuscino sulla mano contro il tavolo o contro la parete) oppure esercizi di
carico in quadrupedica. Successivamente possono essere proposti esercizi in
catena cinetica aperta o in catena cinetica chiusa con carichi maggiori (da
seduto spingi verso il basso a braccia tese per sollevarti).
Presenza di contratture
muscolari
Terapia manuale/Esercizio terapeutico: Utilizzare contrazioni isometriche
sfruttando i principi dell’inibizione autogena e reciproca, possono dare
sollievo e migliorare il ROM articolare.
Controllo motorio deficitario
Esercizio terapeutico: Esercizi di controllo statico e successivamente
dinamico del ritmo gleno-omerale durante l’esecuzione di gesti funzionali.
Limitazione nelle
ADL e alla
partecipazione
Educazione del paziente: Utilizzando i giusti accorgimenti si può
permettere di reintrodurre le attività della vita quotidiana in cui sono presenti
dolore o limitazioni. (Guidare o riprendere l’attività lavorativa se essa lo
consente).
Fase 3 (9-16 settimane circa)
Questa fase del percorso riabilitativo deve essere incentrata al recupero della forza e alla
acquisizione di capacità come il sollevare/afferrare oggetti al di sopra del capo e allontanare carichi
dal corpo, ma non devono essere trascurate problematiche come il dolore o il deficit di mobilità
articolare se ancora presenti.
Menomazioni, disabilità e limitazione alla
partecipazione
Trattamento
Persistenza del dolore
Potrebbe essere necessario proseguire con gli interventi sul controllo
del dolore messi in atto precedentemente a causa di un aumento della reattività dovuta alla progressione dell’esercizio.
Deficit di mobilità articolare
Terapia manualeEsercizio terapeutico: Preferire esercizi in cui è
previsto il mantenimento prolungato di posizioni a massimo ROM
possibile con lo scopo di indurre un condizionamento plastico dei
tessuti.
Deficit di forza e resistenza muscolare
Esercizio terapeutico: Introdurre resistenze progressive (manuali
oppure elastici/pesi) combinando serie a bassi carichi ed elevate
ripetizioni con serie ad alti carichi e numero ridotto di ripetizioni.
Controllo motorio deficitario
Esercizio terapeutico: E’ possibile utilizzare superfici instabili e
perturbazioni esterne In catena cinetica chiusa o aperta.
Limitazione nelle ADL e alla partecipazione
Inserimento di schemi motori specifici per l’attività sportiva svolta. Il
75% degli atleti che praticano sport overhead riprendono l’attività
sportiva a intorno ai 6-7 mesi.
Successivamente a questa fase, sulla base di quelle che sono le richieste funzionali e le condizioni
cliniche del paziente si può decidere se e come impostare il proseguimento del percorso riabilitativo.
Prognosi
I fattori conosciuti in letteratura che influenzano la prognosi del percorso riabilitativo a seguito di
ricostruzione della cuffia dei rotatori sono molteplici:
• Fattori prognostici positivi: età inferiore ai 65 anni, maggiore compliance del paziente al
trattamento riabilitativo, assenza di patologie concomitanti, aspettative elevate.
• Fattori prognostici negativi: Età avanzata, elevato BMI, diabete, bassa percezione della
qualità della vita, presenza di ansia e/o depressione, maggior dolore post chirurgico, basso
livello di istruzione. Inoltre, la presenza di lesioni croniche e particolarmente estese, un’elevata quantità di tempo intercorsa dalla lesione all’intervento, un’elevata infiltrazione
adiposa dei muscoli e la presenza di atrofia muscolare risultano influenzare negativamente il
recupero post-operatorio.
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• Spunton,V.,Fusco,A.,Conti,M. (2010). Riabilitazione post-chirurgica nel paziente
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6: 396-407.
A cura del Dottor Adriano Rabiolo
Fisioterapista
Cellulare: 338-9478155