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Anatomia della cuffia dei rotatori

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15 Novembre 2023 Torna al blog

Anatomia della cuffia dei rotatori

Anatomia della cuffia dei rotatori
La cuffia dei rotatori è il complesso muscolo-tendineo di 4 muscoli (e relativi tendini) della spalla: sovraspinato(osovraspinoso), piccolo rotondo, sotto-scapolare e sotto- o infra-spinato. La funzione della cuffia dei rotatori è sia quella di proteggere l'articolazione della spalla avvolgendola attraverso muscoli e tendini, appunto, come una vera e propria cuffia, sia quella di stabilizzare l'omero (l'osso del braccio) all'interno della glena (la superficie piatta della scapola che insieme all'omero crea l'articolazione della spalla).

La cuffia dei rotatori, sia come muscoli che come tendini, lavora sempre in ogni movimento del braccio nello spazio e, in caso di traumi, movimenti ripetitivi, patologie o lesioni, può dar origine a sintomi tra cui dolore di spalla (principalmente nella zona laterale o anteriore del deltoide che può irradiare al braccio) che può essere presente anche di notte, rigidità e difficoltà nei movimenti del braccio (in particolare nelle rotazioni e nei movimenti al di sopra della spalla). Questa condizione prende il nome di dolore di spalla correlato alla cuffia dei rotatori (rotator cuff-related shoulder pain, in inglese).

Le lesioni della cuffia dei rotatori possono essere causate da microtraumi ripetitivi, traumi ad elevata intensità, alterazioni degenerative, lesioni atraumatiche oppure possono verificarsi secondariamente ad altre disfunzioni. La causa della lesione, proprio come l’entità, la
localizzazione, l’età e le richieste funzionali del paziente, sono fattori decisionali per effettuare una ricostruzione chirurgica della cuffia dei rotatori o procedere conservativamente.

Entrambi i trattamenti portano un significativo miglioramento nella percezione della qualità di vita in caso di lesioni della cuffia di bassa entità. In genere il trattamento conservativo viene proposto almeno 6 mesi prima di considerare la chirurgia; tuttavia, per i pazienti di età inferiore ai 60 con lesione massiva si potrebbe valutare fin da subito l’intervento chirurgico per un possibile alto rischio di fallimento del trattamento conservativo e di un aumento dell’atrofia muscolare e di infiltrazione adiposa.

Se, nonostante il trattamento conservativo, la patologia va ad impattare in maniera considerevole sulla qualità di vita del paziente, sarà necessario ricorrere ad un intervento di ricostruzione della cuffia dei rotatori.

Tipologia di paziente

I pazienti affetti da lesione della cuffia dei rotatori presentano un dolore sordo attività-dipendente nella zona anteriore e supero-laterale del braccio e della spalla. Il dolore aumenta con il movimento, ma persiste anche a riposo e può portare al risveglio notturno. Le attività over head sono quelle più inficiate: solitamente il dolore è presente fra i 60° e i 120° di abduzione ma non prima e oltre tale arco di movimento. Con il progredire della patologia il dolore diventa più costante e si potrebbero notare crepitii associati al movimento fino ad una conseguente comparsa di dolore cervicale e dorsale.

Patofisiologia
Nonostante i meccanismi alla base delle lesioni della cuffia dei rotatori siano tutt’oggi molto discussi, diversi autori supportano la presenza di fattori sia intrinseci che estrinseci. Fra i fattori estrinseci possiamo trovare traumi acuti (Es. cadere su una mano tesa, ricevere delle
forze esterne inaspettate durante l’esecuzione di una spinta, in concomitanza ad una lussazione di spalla) o gesti ripetitivi come sollevare, spingere, tirare o lanciare.
I fattori intrinseci comprendono, oltre ai fattori genetici, l’alterata vascolarizzazione, la degenerazione dovuta all’invecchiamento e l’invasione calcifica dei tendini. La teoria alla base del meccanismo lesivo più conosciuta è lo sfregamento ripetitivo del tendine
della cuffia dei rotatori contro diverse strutture dell’articolazione gleno-omerale. Nel corso degli anni molti studi hanno messo in discussione il concetto di ”impingment sub-acromiale” offrendo ipotesi alternative.

Diagnosi differenziale

Durante il colloquio con un paziente con sospetta lesione della cuffia dei rotatori dovremmo inizialmente escludere le principali red flags. In modo particolare se ci vengono riferite alterazioni del colore del braccio (possibile ischemia secondaria a insufficienza vascolare) oppure eventi traumatici che possono aver causato una lussazione dell’articolazione gleno-omerale oppure una frattura dell’omero.

Successivamente è necessario escludere patologie come: tendinopatia della cuffia, borsite subacromiale, instabilità di spalla o altre patologie inerenti al tratto cervicale o all’articolazione acromio-clavicolare. La clinica e la diagnostica strumentale possono aiutarci nell’eseguire diagnosi differenziale.
Solitamente la diagnosi di una lesione della cuffia dei rotatori si può ottenere clinicamente, anche se l’utilizzo di test clinici (Empty can test, External rotation test, Lift off test, Belly press test, Neer test, Hawkins test) può aumentare l’accuratezza dell’esame clinico. Inoltre, possono essere richiesti esami strumentali con obiettivi differenti:

Esame ecografico per valutare la presenza o l’assenza di soluzione di continuità dei tendini. E’ necessario ricordare l’elevata dipendenza intra-operatore.
Risonanza magnetica nucleare (RMN) che può confermare il dato ecografico e che permette di valutare l’entità e la sede della lesione, lo stato di salute del ventre muscolare, l’infiltrazione adiposa presente oppure per escludere la concomitanza di altre patologie. In
atleti e pazienti giovani può essere richiesta l’Artro-RMN per valutare la qualità del cercine glenoideo e dell’apparato capsulo legamentoso [10] (possibili lesioni SLAP),in quanto risulta avere una più elevata sensibilità e specificità rispetto alla RMN nell’individuare lesioni della cuffia e/o lesioni associate.
Esame radiografico su richiesta chirurgica per una valutazione dell’artrosi coesistente dell’articolazione acromio-clavicolare o gleno-omerale e per valutare la tipologia di accesso o la tipologia di intervento.


Elementi anamnestici
Quando ci si trova di fronte ad un paziente operato di ricostruzione della cuffia dei rotatori è necessario effettuare una raccolta anamnestica relativa a: età, tempo decorso dal trauma o dall’esordio dei sintomi, presenza di traumi precedenti, caratteristiche dei sintomi presenti, qualità del riposo notturno e grado di complessità dell’intervento. E’ opportuno ricordare che, in associazione alla ricostruzione, possono essere eseguiti anche ablazione della borsa subacromiale, acromioplastica, riparazione del tendine del bicipite e/o del labbro glenoideo. Inoltre, oltre alla complessità dell’intervento, un ruolo molto importante è svolto dall’accesso e dalle tecniche chirurgiche utilizzate. La ricostruzione della cuffia dei rotatori, infatti,può avvenire tramite tre approcci:

• Artroscopico: Approccio di minima invasività con migliori risultati estetici; riduce la probabilità di complicanze post-operatorie e consente un processo riabilitativo più rapido con minore dolore post-chirurgico.

• Mini-Open:
Attraverso una minima incisione (4-6 cm) si pone a metà strada fra l’approccio artroscopico e quello a cielo aperto. E’ bene ricordare come oggi non venga più eseguita l’incisione del deltoide ma che la via transdeltoidea per accedere ai tendini della cuffia dei rotatori viene permessa da uno split del deltoide riducendo le complicanze nel percorso riabilitativo post-operatorio.

• A cielo aperto: approccio chirurgico tradizionale, raramente utilizzato. Potrebbe essere trasformato un accesso da mini-open a cielo aperto nel caso fosse necessario ampliare l’esposizione a causa della tipologia di lesione o di altri fattori.

Esame obiettivo e valutazione
L’esame obiettivo e la valutazione di un paziente in esiti di ricostruzione della cuffia dei rotatori prevede:

• L’osservazione della cicatrice e di tutto l’arto, ponendo attenzione alla quantità e alla distribuzione dell’edema.
• La palpazione dei tessuti molli principalmente in posizione distale data la sensibilizzazione della porzione prossimale del braccio a seguito dell’intervento.
• La valutazione della sensibilità tattile, dolorifica e termica.
• La valutazione della mobilità passiva all’interno del campo visivo del paziente, con particolare cautela durante la rotazione interna.
• La valutazione della forza (dalla 4 settimana) della muscolatura della spalla utilizzando contrazioni isometriche in posizioni intermedie del ROM, evitando contrazioni intense ai massimi gradi dell’arco di movimento.
• L’utilizzo di test neurodinamici per valutare lo stato di salute del sistema nervoso periferico, adattando le sequenze dei movimenti in base alla sintomatologia presente.
• La valutazione della disabilità attraverso questioni validati come il DASH e l’ASES. Si possono indagare altri aspetti come: pettinarsi, infilare la manica all’interno della maglia, riempire un bicchiere con una bottiglia o mantenere aperto un libro.
• La valutazione delle restrizioni alla partecipazione indagando hobby o aspetti lavorativi (bandiere blu e nere).
• Le aspettative del paziente inerenti al recupero svolgono un ruolo fondamentale per poter impostare successivamente un percorso riabilitativo. E’ quindi necessario indagarle e tenerle in considerazione.
• La presenza di complicanze post-operatorie. Le più comuni risultano essere rigidità articolare, presenza di una frozen shoulder iatrogena o paralisi del nervo toracico lungo (deficit muscolo dentato anteriore).

Trattamento

Successivamente ad un intervento chirurgico di ricostruzione della cuffia dei rotatori sarà necessario intraprendere un percorso di riabilitazione, che può essere suddiviso didatticamente in 3 fasi sulla base delle tempistiche e delle condizioni cliniche presenti, e può essere preceduto da una fase pre-operatoria con lo scopo di favorire il recupero post-chirurgico.

Fase 1

Le tempistiche riguardo l’inizio della riabilitazione a seguito di un intervento di ricostruzione della cuffia dei rotatori, sono state spesso motivo di discussione. Si parla di un percorso di riabilitazione precoce se iniziato prima delle 6 settimane post-operatorie o di un’immobilizzazione prolungata se iniziato dopo le 6 settimane. Attualmente ciò che si conosce è che:
• Una mobilizzazione passiva precoce non sottopone a un rischio maggiore di re-rottura tendinea, mentre una mobilizzazione attiva precoce è associata ad un rischio maggiore di intaccare il processo di guarigione dei tendini sottoposti a chirurgia.

Confrontando i due percorsi ad un follow up di 3 e 6 mesi dall’intervento si riscontrano benefici nel ROM e nella qualità della vita nel gruppo sottoposto a riabilitazione precoce. Tali differenze risultano però trascurabili nei follow up successivi.
Viene quindi solitamente preferito un percorso riabilitativo precoce, ma si potrebbe scegliere un’immobilizzazione prolungata in casi in cui la lesione tendinea sia associata ad una scarsa qualità dei tessuti circostanti.
Il trattamento in fase acuta è volto alla riduzione della reattività e di conseguenza del dolore e dell’edema, favorendo i processi di cicatrizzazione e limitando lo sviluppo di complicanze secondarie.


FASE I (0-3 settimane) Menomazioni, disabilità e limitazioni alla partecipazione


Trattamento
Crioterapia e Mobilizzazioni passive: inizialmente all’interno del campo visivo del paziente.Terapia manuale: trazione assiale dell’arto in toto e traslazioni della testa omerale in direzione postero caudale.

Dolore
Iniezioni di corticosteroidi: è attualmente supportato l’uso di UNA singola iniezione di corticosteroidi per gestire meglio il dolore post-operatorio e agevolare la riabilitazione. Iniezioni multiple potrebbero alterare l’integrità del tendine e rallentare il processo di guarigione.


Discontinuità dei tessuti
Tutore: fornisce protezione alla sutura chirurgica. Spalla posizionata in posizione neutra, senza rotazioni, con il gomito flesso e con un sostegno in estensione per il tratto toracico.

Edema
Crioterapia

Riduzione del ROM articolare della spalla
Mobilizzazione: passiva e successivamente attivo-assistita entro i limiti del dolore. Inizialmente sul piano scapolare con l’arto superiore in posizione neutra. Si può partire da supini e progredire da seduti nel momento in cui si vogliono ridurre le facilitazioni.

Riduzione del ROM
articolare del gomito, polso e mano Mobilizzazione attiva e auto–mobilizzazione.

Elevata irritabilità e sintomi di compressione nervosa
Neurodinamica: manovre di sliding e tensioning inizialmente sull’arto controlaterale e trattamento dell’interfaccia a livello cervicale.

Limitazione nelle ADL e alla partecipazione.
Educazione del paziente: individuare strategie alternative per svolgere attività della vita quotidiana riducendo al minimo la presenza di dolore (vestirsi, spogliarsi, sdraiarsi a letto etc.)

Kinesiofobia
Educazione del paziente: dare spiegazioni dettagliate riguardo gli esiti dell’intervento e fornire indicazioni specifiche riguardo i movimenti che possono essere eseguiti senza rischi.

Decondizionamento cardiovascolare
Utilizzare schemi funzionali di movimento (Es. salire Ripetutamente su uno step mentre si Utilizza l’arto sano per raccogliere un oggetto) o introdurre l’attività aerobica quando possibile (cyclette,tapis roulant, step etc.) favorisce il condizionamento cardiovascolare.


Fase 2 (4-8 settimane circa)
All’inizio della 4 settimana è possibile, se le indicazioni chirurgiche e la condizione clinica del paziente lo permettono iniziare lo svezzamento dal tutore riducendone l’utilizzo progressivamente a partire dalle ore diurne e successivamente anche durante la notte. La nostra attenzione sarà sempre più incentrata sul recupero funzionale.

Menomazioni, Disabilità e limitazioni alla partecipazione
Trattamento

Tessuti in cicatrizzazione
Mobilizzazioni attive e attivo-assistite

Dolore
Mobilizzazioni attive se presente dolore importante è necessario rivalutarne l’adeguatezza e l’esecuzione. Affinchè ci possa essere progressione è necessario che il dolore diminuisca.Crioterapia/Terapia Manuale/
Esercizio Terapeutico: Utilizzare le contrazioni isometriche con
conseguente sollecitazione dei meccanocettori a livello tendineo.

Deficit di mobilità articolare
Mobilizzazioni attive e in misura maggiore addestramento all’auto trattamento.Terapia Manuale

Deficit di forza e di resistenza muscolare
Esercizio terapeutico Maggiore attenzione ai muscoli depressori della testa omerale. Si possono proporre contrazioni isometriche da posizione neutra, esercizi in catena cinetica chiusa con carico assiale (a braccio teso spingi un cuscino sulla mano contro il tavolo o contro la parete) oppure esercizi di carico in quadrupedica. Successivamente possono essere proposti esercizi in catena cinetica aperta o in catena cinetica chiusa con carichi maggiori (da seduto spingi verso il basso a braccia tese per sollevarti).

Presenza di contratture muscolari
Terapia manuale/Esercizio terapeutico: Utilizzare contrazioni isometriche sfruttando i principi dell’inibizione autogena e reciproca, possono dare sollievo e migliorare il ROM articolare.

Controllo motorio deficitario
Esercizio terapeutico: Esercizi di controllo statico e successivamente dinamico del ritmo gleno-omerale durante l’esecuzione di gesti funzionali.

Limitazione nelle ADL e alla partecipazione
Educazione del paziente: Utilizzando i giusti accorgimenti si può permettere di reintrodurre le attività della vita quotidiana in cui sono presenti dolore o limitazioni. (Guidare o riprendere l’attività lavorativa se essa lo consente).

Fase 3 (9-16 settimane circa)
Questa fase del percorso riabilitativo deve essere incentrata al recupero della forza e alla acquisizione di capacità come il sollevare/afferrare oggetti al di sopra del capo e allontanare carichi dal corpo, ma non devono essere trascurate problematiche come il dolore o il deficit di mobilità articolare se ancora presenti.

Menomazioni, disabilità e limitazione alla partecipazione
Trattamento

Persistenza del dolore
Potrebbe essere necessario proseguire con gli interventi sul controllo del dolore messi in atto precedentemente a causa di un aumento della reattività dovuta alla progressione dell’esercizio.

Deficit di mobilità articolare
Terapia manualeEsercizio terapeutico: Preferire esercizi in cui è previsto il mantenimento prolungato di posizioni a massimo ROM possibile con lo scopo di indurre un condizionamento plastico dei tessuti.

Deficit di forza e resistenza muscolare
Esercizio terapeutico: Introdurre resistenze progressive (manuali oppure elastici/pesi) combinando serie a bassi carichi ed elevate ripetizioni con serie ad alti carichi e numero ridotto di ripetizioni.

Controllo motorio deficitario
Esercizio terapeutico: E’ possibile utilizzare superfici instabili e perturbazioni esterne In catena cinetica chiusa o aperta.

Limitazione nelle ADL e alla partecipazione
Inserimento di schemi motori specifici per l’attività sportiva svolta. Il 75% degli atleti che praticano sport overhead riprendono l’attività sportiva a intorno ai 6-7 mesi.
Successivamente a questa fase, sulla base di quelle che sono le richieste funzionali e le condizioni cliniche del paziente si può decidere se e come impostare il proseguimento del percorso riabilitativo.


Prognosi
I fattori conosciuti in letteratura che influenzano la prognosi del percorso riabilitativo a seguito di ricostruzione della cuffia dei rotatori sono molteplici:

• Fattori prognostici positivi: età inferiore ai 65 anni, maggiore compliance del paziente al trattamento riabilitativo, assenza di patologie concomitanti, aspettative elevate.
• Fattori prognostici negativi: Età avanzata, elevato BMI, diabete, bassa percezione della qualità della vita, presenza di ansia e/o depressione, maggior dolore post chirurgico, basso livello di istruzione. Inoltre, la presenza di lesioni croniche e particolarmente estese, un’elevata quantità di tempo intercorsa dalla lesione all’intervento, un’elevata infiltrazione adiposa dei muscoli e la presenza di atrofia muscolare risultano influenzare negativamente il recupero post-operatorio.

Bibiografia
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• Huo HC, Luo ZP, Cofield RC, An KN. Influence of rotator cuff tearing on glenohumeral stability. Journal of Shoulder and Elbow Surgery. 1997; 6(5):413 – 422, (2B), (E)
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• Bilal,H.R. Et al. (2022) Rotator cuff Pathology. Medscape. Disponibile a: https://emedicine.medscape.com/article/1262849-overview
• Cesari,E.,Castagna,A. (2010). Riabilitazione post-chirurgica nel paziente ortopedico: trattamento chirurgico delle rotture della cuffia dei rotatori. Capitolo 6: 388-395.
• Spunton,V.,Fusco,A.,Conti,M. (2010). Riabilitazione post-chirurgica nel paziente ortopedico: riabilitazione postchirurgica dopo riparazione della cuffia dei rotatori. Capitolo 6: 396-407.

A cura del Dottor Adriano Rabiolo
Fisioterapista
Cellulare: 338-9478155

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