I recenti fatti di cronaca che hanno coinvolto un noto giornalista
televisivo hanno sollevato un polverone di polemiche sull'efficacia delle
manipolazioni vertebrali e sul rischio che esse possano arrecare al
paziente dei danni più o meno seri.
Per chi non fosse informato sulla vicenda, il conduttore televisivo in
questione, in seguito ad una manipolazione vertebrale subita da un
osteopata al distretto del collo, ha avuto un disturbo cerebro-vascolare
che è esitato in un ictus ed ha, in seguito, “denunciato” la pratica
manipolativa come pericolosa e da evitare.
Tali considerazioni hanno condotto le associazioni di categoria dei
fisioterapisti ad esprimersi a riguardo, difendendo la tecnica e l'atto
manipolativo, purché sia eseguito esclusivamente da personale
sanitario.
Ad oggi gli unici che hanno le competenze teoriche per poterla eseguire
sono proprio i fisioterapisti ed i medici con specifica formazione
specialistica.
Lo scopo di questo articolo è definire l’efficacia della manipolazione ed
analizzare i rischi ad esso correlata.
Partiamo da una definizione: cos'è una manipolazione?
Secondo l’IFOMPT (International Federation of Orthopaedic
Manipulative Physical Therapists) essa è definita come un movimento
passivo, condotto ad alta velocità, che abbia un’ampiezza bassa,
applicato ad un complesso articolare e che non oltrepassi i limiti
anatomici di esso.
Si tratta dunque di un atto condotto dal fisioterapista che ha lo scopo di
restituire all’articolazione un movimento ottimale e la funzione, nonchè
di ridurre il dolore di un distretto della colonna.
Le manipolazioni trovano indicazione in tutte le condizioni di dolore
acuto, sub-acuto e cronico della colonna vertebrale, soprattutto se
correlate ad una riduzione di movimento.
Il meccanismo d’azione è ancora oggetto di discussione.
Sembrerebbe che ci sia un effetto sui tessuti periferici, con riduzione
della rigidità degli stessi, un’interazione con dei riflessi spinali, con
condizionamento dell’unità motoria interessata, un’attivazione dei
fenomeni autonomi con mutamenti della temperatura, rilascio di
cortisolo ed endorfine ed inoltre un effetto placebo.
Dunque fenomeni spinali e sovra spinali.
Malgrado tutti questi effetti, in letteratura non si riesce ancora a
comprendere come le manipolazioni spinali abbiano effetto.
Ma allora la domanda sorge spontanea: poiché esiste un rischio, relativo
alla comparsa di complicanze che definiremo “minori” e “ maggiori”,
conviene eseguire manipolazioni vertebrali?
Di che rischio stiamo parlando?
Come il clinico sceglie chi manipolare e
cosa manipolare?
Partiamo dal presupposto che in medicina il “rischio clinico” esiste,
sempre, per qualsiasi pratica.
Per quel che riguarda le manipolazioni, il rischio clinico è rappresentato
da complicanze serie ( vascolari, neurologiche, fratture) e complicanze
“non serie”.
Nello specifico per le manipolazioni cervicali è stato documentato un
rischio per problematiche vascolari (ictus) e per le manipolazioni lombari
il rischio sarebbe rappresentato da radicolopatie, sindrome della cauda
equina o mielopatie.
I casi di sindrome della cauda equina sono stati stimanti da Haldeman
and Rubistein ( Spine 1992 Dec; 17 (12): 1469-73), in una revisione
della letteratura 1911-1989, in 10 casi su 10 milioni di manipolazioni.
Secondo altri autori ( Oliphant D
Manipulative Physicol Ther 2004
Mar-Apr; 27 (3) : 197-210) il rischio
di peggioramento dei sintomi con ernie lombari trattate con manipolazione è di 1 caso su 3,7
milioni.
Per quel che riguarda il rischio
associato alle manipolazioni
cervicali, invece, esso riguarda
eventi ictali ed insufficienza
cerebrovascolare.
Alcuni autori parlano di una
complicanza seria su 400.000
manipolazioni (Dvorak and Orelli,
1985), altri hanno stimato il rischio nello 0,01% - 0,0005% (Gross et al,
2002)
Decorso dell'arteria vertebrale e della carotide interna.
Dunque il rischio c’è, esiste, ma è bassissimo ed è simile ad altre
pratiche che quotidianamente svolgiamo in ambito terapeutico, come
l’esercizio fisico o le mobilizzazione, ed è comunque minore rispetto
all’assunzione di un farmaco o ad altre pratiche mediche, come ad
esempio la chirurgia.
Ecco alcuni dati:
Ad onor del vero, i dati in nostro possesso sul rischio relativo alle
manipolazioni sono scarsi e i pochi studi che sono stati pubblicati
spesso sono carenti per numeri e metodo.
Quindi? Quando “conviene” applicare una manipolazione?
La condizione ottimale per applicare una manipolazione risiede
nell’assenza di fattori di rischio ( congeniti, sociodemografici o legati alla
presenza di patologie tumorali, del tessuto connettivo o alla presenza di
storia recente di trauma) ma soprattutto nell’indicazione nell’attuare una
manipolazione.
Essa rappresenta un’arma terapeutica che trova una raccomandazione
elevata per il trattamento del dolore muscolo scheletrico di origine
vertebrale ( The Orthopedic section, APTA 2012), ed il suo effetto è
maggiormente amplificato se associato ad altre pratiche riabilitative,
quali esercizi di coordinazione, rinforzo, resistenza, educazione etc.
Sta al clinico, attraverso un’attenta anamnesi ed una valutazione fisica,
analizzare i rischi ed i benefici del proprio intervento.
A cura del Dottor Adriano Rabiolo, Fisioterapista.