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Cefaalea tensiva, una guida per pazienti e non | Dott. Adriano Rabiolo | Fisioterapista

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Cefaalea tensiva, una guida per pazienti e non

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31 Marzo 2025 Torna al blog

Cefaalea tensiva, una guida per pazienti e non

La cefalea tensiva è il più comune tipo di mal di testa. Tipica dell'età adulta, ha una prevalenza di circa il 40% nella popolazione generale, rappresentando anche un importante onere sociale.

Cos'è la cefalea muscolotensiva?
Tension Type Headache è l'espressione inglese che indica tale tipologia di cefalea, classificata dall'International Headache Society come cefalea primaria, così come l'emicrania e la cefalea a grappolo. Nell'International Classification of Headache Disorders, la cefalea tensiva è stata divisa, in base alle caratteristiche temporali degli attacchi, in cronica ed episodica, e quest'ultima ulteriormente suddivisa in frequente e infrequente.
La cefalea muscolotensiva cronica, presente più di 180 giorni all'anno, è un disturbo serio, che causa un'importante riduzione della qualità della vita ed elevata disabilità.
La forma episodica frequente (più di 12 e meno di 180 giorni all'anno) richiede spesso terapie farmacologiche costose.
La cefalea tensiva episodica infrequente (meno di 12 giorni all'anno), invece, è quella che più o meno tutti proviamo almeno una volta nella vita, che solitamente ha un minimo impatto sulla salute delle persone e per la quale, quindi, non si richiede assistenza medica. Le caratteristiche di questo tipo di mal di testa sono anche i criteri su cui ci si basa per diagnosticarla. Tra essi troviamo ad esempio la frequenza degli attacchi, che permette la distinzione tra le tre forme sopra descritte.
La durata dei sintomi varia da 30 minuti a 7 giorni, ma in caso di cronicità il dolore può anche essere costante.

Inoltre, la cefalea ha almeno due caratteristiche tra le seguenti:
- localizzazione bilaterale;
- sensazione di morsa-pressione;
- intensità lieve-moderata;
- non aggravamento con attività fisiche quotidiane (esempio camminare o fare le scale);
- dolore non associato a nausea o vomito, né a fotofobia o fonofobia.

La cefalea muscolotensiva, e in particolare la forma cronica, può avere un impatto significativo sulla vita personale, sociale e lavorativa di coloro che ne soffrono. Due terzi dei pazienti con tension type headache cronica lamentano mal di testa per 25 o più giorni al mese e, per la metà di questi giorni, l'intensità dei sintomi è moderata. Tali pazienti hanno un maggior livello di stress quotidiano e ricevono diagnosi di stati d'ansia e disturbi dell'umore più frequentemente di soggetti senza cefalea. È chiaro, quindi, come questo disturbo abbia un grande impatto negativo sulla qualità della vita, il quale colpiscemaggiormente tre aree:
- sonno;
- livello di energia;
- salute emotiva.

La prognosi è discretamente positiva, considerato che il 47% dei soggetti con tension type headache cronica ha una remissione alla tipologia episodica, indipendentemente dall'avere fatto o meno profilassi.
D'altra parte, il 12% delle forme episodiche evolve in cronica ed il 31% delle croniche rimane tale.

Cefalea muscolotensiva: diagnosi differenziale
Le caratteristiche di questo tipo di mal di testa sono gli elementi su cui ci si basa per diagnosticarla e per fare diagnosi differenziale rispetto alle altre cefalee. Tuttavia, la rigida classificazione dell'International Headahce Society non sempre rispecchia la realtà clinica: numerosi studi hanno dimostrato come i sintomi caratteristici delle varie cefalee si sovrappongano in gran parte dei pazienti che ne soffrono, portando a considerare la possibile esistenza di quadri misti. In particolare, tension type headache ed emicrania (entrambe cefalee primarie) possono presentare minime differenze tra loro o, addirittura, fenotipi che si sovrappongono.
I trigger tipici cefalea muscolotensiva (stress, cambiamenti, ciclo mestruale) sono comuni all'emicrania, e i sintomi considerati patognomonici per ciascuna cefalea non sono in realtà così specifici. Il dolore pulsante, caratteristico dell'emicrania, è riportato non essere tale dal 61% dei pazienti con questa diagnosi, mentre il 43-45% dei soggetti con tension type headache lamenta questo tipo di sintomo.
Al contrario, la sensazione di morsa-pressione, che è uno dei criteri diagnostici per la cefalea tensiva, è riferita soltanto dal 51% delle persone con tale forma di mal di testa, e dal 21% dei soggetti che soffrono di emicrania. Anche la distribuzione dei sintomi, elemento utile per fare diagnosi differenziale secondo l'International classification of headache disorders, probabilmente non è così affidabile. L'emicrania, comunemente considerata unilaterale, lo è nel 54% dei casi, tra cui solo il 21% side-locked (ossia sempre dallo stesso lato), mentre i restanti pazienti soffrono di mal di testa bilaterale, come dovrebbe essere invece la cefalea muscolotensiva, che però è riportata essere tale soltanto dal 56% di soggetti con questa diagnosi. Infine, pure l'attività fisica, che dovrebbe peggiorare l'intensità dei sintomi nell'emicrania e non nella tension type headache, non rispetta fedelmente quanto riportato nei criteri di classificazione. Infatti, influisce negativamente sul mal di testa in entrambi i casi, rispettivamente nel 59-66% dei soggetti con emicrania e nel 32% dei soggetti con cefalea tensiva.
A complicare ulteriormente il processo di diagnosi differenziale ci pensa la cefalea cervicogenica, una cefalea secondaria dovuta a disturbi cervicali, caratterizzata quindi da mal di testa associato a dolore al collo.
Questo sintomo, considerando la popolazione generale, è più comune in soggetti con cefalea rispetto ai sani; in particolare, proprio emicrania e tension type headache sono le cefalee con maggior prevalenza di dolore al collo (76-89%). Il 62% di pazienti con mal di testa primario lamenta anche sensazione di tensione e rigidità cervicale, così come il 90% delle persone che soffrono di cefalea cervicogenica; nemmeno questo, quindi, può considerarsi un sintomo discriminante.
Il complesso processo di diagnosi differenziale tra tali disturbi potrebbe dare meno preoccupazioni ai clinici se si considerasse quanto sostenuto da numerosi ricercatori, ossia la possibilità di trovarsi di fronte a quadri misti, in cui vi sia la sovrapposizione di più cefalee.

Trattamento della cefalea tensiva
Quando una persona ha mal di testa, è molto probabile che il suo primo pensiero sia assumere un antidolorifico. Questo è il trattamento indicato anche nelle linee guida per la fase acuta della cefalea. Infatti, la maggior parte degli attacchi di mal di testa in soggetti che soffrono di cefalea tensiva episodica è di moderata entità e può essere gestita in autonomia dal paziente con l'assunzione di analgesici.
Tuttavia, l'efficacia di tali farmaci tende a ridursi con l'aumento della frequenza del mal di testa; e nella forma cronica (spesso associata ad ansia, stress e depressione) analgesici semplici (come paracetamolo e aspirina) possono essere inefficaci e dovrebbero essere usati con precauzione per non incorrere in un mal di testa da overuse di farmaci.
Ciò che non è farmacoterapia comprende numerosi interventi, tra cui educazione e rassicurazione del paziente, identificazione dei fattori scatenanti i sintomi, terapia cognitivocomportamentale, tecniche rilassanti e fisioterapia.
Il trattamento fisioterapico si avvale di tecniche articolari quali trazione, mobilizzazioni, e manipolazioni cervicali, e di tecniche dirette ai tessuti molli di allungamento, di rilassamento e di disattivazione dei trigger points.
Per quanto riguarda l'esercizio attivo, sono stati proposti e studiati esercizi posturali, di propriocezione, di rinforzo dei muscoli pericraniali, di collo e di spalla, e training aerobico. Sembrerebbe che il trattamento attivo che si basa su più modalità di lavoro e non su un singolo tipo di esercizio sia efficace nel ridurre frequenza, durata ed intensità del dolore nelle forme di tension type headache cronica ed episodica frequente.
La riabilitazione, intesa come intervento globale di educazione, terapia manuale ed esercizi, ha effetti positivi nella gestione della cefalea muscolotensiva. Ad oggi, però, non è ancora possibile determinare se vi sia e quale sia l'intervento specifico più appropriato. Recenti revisioni della letteratura riportano che la riabilitazione è più efficace della terapia farmacologica nel ridurre frequenza, intensità e durata dei sintomi, e nel migliorare la qualità della vita dei pazienti nel breve termine.
A distanza di qualche mese, invece, le differenze osservate tra riabilitazione e farmacoterapia vengono meno. Probabilmente perché il programma riabilitativo, a un certo punto, si conclude e con esso la gestione fisioterapica della cefalea, mentre i soggetti che hanno ricevuto cure con farmaci possono continuare ad assumerli al bisogno.

Conclusione
Varie teorie sostengono che i disturbi muscoloscheletrici abbiano un ruolo nella cefalea muscolotensiva, per questo la riabilitazione risulta essere un'appropriata modalità di gestione di questa patologia. Per mantenere i benefici ottenuti grazie alla fisioterapia, dovremmo spiegare ai nostri pazienti che fare esercizio attivo non significa dover eseguire quotidianamente esercizi specifici per collo e spalle, ma piuttosto vuol dire abbandonare l'inattività fisica, anche semplicemente con camminata, corsa o bici. Dovremmo, insomma, educarli a uno stile di vita attivo, così da mantenere l'effetto della riabilitazione anche nel lungo termine.

A cura del
Dottor Adriano Rabiolo Fisioterapista
Cellulare 338-9478155

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